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Patine e loro tipologia.

Le patine, i film superficiali che ricoprono le opere, ne sono parte costituente; prima di iniziare qualsiasi intervento manutentivo o di restauro, conviene analizzarle con attenzione e definirne la composizione, integrità e funzionalità.

Patine naturali ed artificiali

Possono essere artificiali o naturali, depositatesi sulle superfici con il passare del tempo.
Esempi di patina artificiale, la lucidatura, patine artificiali: lucidaturae naturale: patine naturali: incrostazioni di polvere
Possono essere originarie o successive.

Nel primo caso sono state applicate dall’artista.

Spetta a noi capire se la loro è una funzione estetica, per valorizzare l’opera, attribuendole una profondità di campo apprezzabile visivamente, o protettiva, per mantenere l’opera nel tempo.

Possiamo trovare diverse patine stratificate, con funzionalità diverse. Possono essere lacunose ed a copertura superficiale parziale.
patine articiali: pittura ad olio di lino deteriroatasi

Possono essere state applicate successivamente per ripristinare cromìe e protettivi deterioratisi nel tempo; le definiamo consone e pertinenti l’opera o non compatibili.

In questo caso se ne può valutare la rimozione.

La Direzione Lavori prenderà atto dell’effetto estetico, del grado di protezione o danneggiamento, della testimonianza storica, dell’integrità, per definirne l’eventuale conservazione o rimozione.

Quelle di origine naturale si presentano spesso come accumuli di polveri varie e/o incrostazioni di sporco di diversa tipologia.
patina naturale di polvere su superficie dorata

Sarebbero da rimuovere, ma occorre considerare vari fattori: se si sono compattate o inglobate con la superficie sottostante, la loro rimozione comporterebbe anche l’asportazione di parte dell’opera.

In questo caso conviene assottigliare gli strati invasivi, fermandosi prima di intaccare le superfici: meglio una cattiva pulitura che uno spatinamento o danneggiamento di un’opera.

Gli interventi di restauro sono finalizzati alla conservazione di un’opera, quindi cercheremo di salvaguardare le patine originarie.

Interverremo su quelle degradate per rivitalizzarle ripristinandone le funzioni -oppure ricostruendole se non è possibile la soluzione precedente-, ne integreremo le lacune, ne applicheremo di nuove per proteggere le superfici aumentando il periodo di vita degli oggetti.

Patine di diversa tipologia

Abbiamo scritto che una delle funzioni delle patine è di protezione delle superfici, dalle possibili erosioni nel tempo, dall’attacco di insetti, batteri o virus: una patina è uno strato isolante, quindi inibisce il contatto con gli agenti atmosferici.

Per quanto possano essere di difficile alterazione e durature, la loro esistenza è comunque notevolmente inferiore a quella dell’opera, tanto da poter essere sacrificabili: in caso di alterazione del film protettivo, lo si asporta e se ne riapplica uno analogo, con le stesse funzionalità.

La lucidatura di un mobile, col tempo, e l’esposizione a fonti luminose, tende ad ingiallire, ma al contempo preserva la cromia del legno dallo stesso degrado.

A Bologna e provincia per la costruzione di palazzi avevamo abbondanza di argilla ed arenaria.

Con la prima si costruiscono mattoni, la seconda è una pietra plasmabile, ma non molto resistente: è di origine sedimentaria, risultato di pressione, e tende a sgretolarsi.

I palazzi bolognesi sono realizzati quasi interamente con questi materiali.

Patine su materiale lapideo

Per abbellire le superfici e preservarle nel tempo si sono adottati procedimenti di sagramatura, per i mattoni, e scialbatura per le arenarie: nulla veniva lasciato a vista.
sagramatura su clonnascialbatura su capitelli

In queste immagini vediamo esempi di sagramatura, a sinistra, di
scialbatura sui capitelli a destra.

 

La sagramatura veniva ottenuta con lo sfregamento di mattoni non completamente cotti e calce sulle pareti fino ad ottenere uno strato uniforme di polvere di cotto e calce di qualche millimetro.

Successivamente con l’applicazione di ferri caldi si accelerava la carbonatazione superficiale della calce ottenendo in brevissimo tempo un film superficiale molto resistente, equivalente alla pellicola che troviamo nel guscio delle uova.

La scialbatura la otteniamo applicando una maltina, o boiacca, composta di unamiscela di polvere di arenaria, sabbia fine, calce aerea ed eventualmente un pigmento per ottenere il colore giallogolo tipico della stessa pietra.

In questo modo rivestiamo l’arenaria con un film avente le stesse caratteristiche estetiche, ma che può degradarsi preservando la pietra sottostante.