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Volontariato e manutenzione dei Beni Culturali

Da qualche anno le amministrazioni pubbliche ricorrono all’utilizzo di personale volontario, non sempre qualificato, per la manutenzione dei beni culturali presenti sul territorio.

Si stanno verificando assegnazioni di interventi di manutenzione di beni culturali a volontari, da parte di prefetti o sindaci, non rispettando la legislazione in materia e scavalcando le Istituzioni preposte al controllo.

Il 3 febbraio 2014, il Prefetto di Pisa, convoca una riunione con gli altri attori istituzionali cittadini durante la quale assegna all’associazione “Amici dei Musei”, cittadina, la manutenzione ed il pronto intervento sui beni culturali della città.
Informazioni.

16 giugno 2014, a detenuti del carcere di Bollate viene assegnato il restauro conservativo della fontana di Villa Burba a Rho.
Vedi.

26 gennaio 2015, volontari ripuliscono gratis la fontana di Monteoliveto -NA-, in degrado e ricoperta di scritte.
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maggio 2015, gruppi di volontari ripuliscono la città di Milano dalle tracce lasciate dalla manifestazione in occasione dell’inaugurazione dell’EXPO. Purtroppo nell’entusiasmo generale, hanno rimosso anche un murales realizzato nel 2001 da Pao e Linda.
Info.

Bologna vede assegnata ad una decina di squadre di volontari la rimozione di graffiti e scritte varie: esistono delle linee guida per regolamentare le attività, ma, trattandosi spessissimo di laterizi “storici”, non è sufficiente. Ordinanza del Comune di Bologna.

Questo è un breve sunto degli episodi accaduti e che si rinnovano; se ne potrebbero elencare altri, ma sono sufficienti.

Riflessioni sugli interventi affidati a volontariato

Immagine presa da internet: qui

Abbiamo visto alcuni episodi di accesso ad interventi manutentivi di beni culturali assegnati a volontari.

Ora valutiamone la legittimità: per la legge italiana, l’abbiamo visto in precedenza, può intervenire su beni culturali e/o di importanza storica, in altre parole sottoposti a Tutela dalle strutture ministeriali, soltanto chi possiede una qualifica di restauratore o collaboratore restauratore; questo è stabilito dal Dlgs 42-04.

Inoltre la legge 294 del 3 agosto 2000, stabilisce che in un’impresa (o cantiere) con più di quattro addetti, ci sia la presenza di almeno il 20% di restauratori, e almeno il 50% di operatori qualificati, qualifica definita nell’art. 8 della stessa: Operatore qualificato per i beni culturali.

1. Per gli effetti del presente regolamento, per operatore qualificato per i beni culturali si intende colui che ha conseguito un diploma presso una scuola di restauro statale o regionale di durata non inferiore a due anni, ovvero ha svolto lavori di restauro di beni mobili di interesse storico, artistico o archeologico, o di superfici decorate di beni architettonici, per non meno di quattro anni, anche in proprio. L’attività svolta è dimostrata con dichiarazione del datore di lavoro, ovvero autocertificata dall’interessato ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n. 15, accompagnata dal visto di buon esito degli interventi rilasciato dall’autorità preposta alla tutela dei beni oggetto del lavoro.

Per quanto riguarda i restauratori di beni culturali qualificati, siamo in attesa del Bando di accesso alla procedura di qualificazione ministeriale, annunciato per il 30 agosto; se qualcuno fosse interessato a conoscere quanto sia richiesto per il riconoscimento può leggere l’articolo 182 del citato Dlgs 42/04 o consultare le linee guida ministeriali di interpretazione dello stesso scaricandole da qui.

È praticamente impossibile che associazioni autonominatesi amici dei beni culturali, o dell’arte, o dei musei, possano essere costituite in modo da soddisfare le normative legislative nazionali; risulta del tutto evidente che queste assegnazioni, seppur fatte da strutture periferiche dello stato, siano completamente illegali.

Questo tralasciando gli aspetti tecnici e di competenze professionali.

Come può essere utilizzato il volontariato.

Dopo i brevi excursus su volontariato e problematiche del restauro di beni culturali, occorre ora specificare come si potrebbe utilizzare questo tipo di collaborazione in modo consentito dalla legge e senza compromettere le opere d’arte, lasciando queste alle competenze di restauratori qualificati.

Tutte le istituzioni che vorrebbero utilizzare il volontariato di associazioni o singoli per la manutenzione di opere d’arte dovrebbero innanzitutto conoscere la legislazione nazionale, in particolare leggi e decreti citati in precedenza.

È comprensibile che in un periodo di crisi economica e mancanza di fondi si pensi al volontariato come soluzione di situazioni problematiche, ma prima occorre definirne le competenze.

La prima possibilità di organizzazione del volontariato è il suo ricondurlo a gruppi o associazioni, non lasciando che cittadini volenterosi accedano singolarmente a funzioni di analisi del patrimonio culturale.

Parallelamente può essere un forma di controllo ed osservazione periodica dello stato delle opere, da portare avanti in collaborazione con soprintendenze e restauratori qualificati.

Le associazioni o gruppi di volontari, possono

  • raccogliere dati sullo stato di conservazione delle opere, con controlli periodici,
  • verificarne le modifiche, e segnalarle agli organi competenti, soprintendenze e proprietari.

Possono anche cercare di attivare canali di crowdfunding per finanziarne gli interventi necessari, da affidare a restauratori qualificati.

In nessun caso si può delegare strutture di volontariato a sostituirsi alle professionalità pertinenti manutenzione e restauro delle opere d’arte: storici dell’arte, funzionari delle soprintendenze, restauratori di beni culturali; anche una semplicissima spolveratura, in presenza di superfici decoese, può danneggiare l’opera su cui si interviene.

Non si può lasciare intervenire persone inesperte, seppur volenterose.

In conclusione, occorre intervenire per una definizione di compiti e ruoli, a maggior ragione ora che stiamo portando a compimento l’iter di qualificazione dei restauratori di opere d’arte e beni culturali.