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Lega Nord e 5 Stelle sono lontani anni luce sui beni culturali. C’è da preoccuparsi?

Lega Nord e Movimento 5 Stelle stanno per raggiungere l’accordo per la formazione del governo. Cosa ne sarà dei beni culturali? La distanza tra i due partiti appare siderale.

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Geomatica e Beni Culturali: Digitalizzazione e stampa 3D di un mosaico a tecnica bizantina – Archeomatica

Le moderne tecnologie di rilievo e restituzione 3D offrono enormi possibilità per la documentazione, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio culturale. L’articolo illustra un’applicazione di rilievo laser scanning e prototipazione rapida su un mosaico a tecnica bizantina.

 La conservazione del patrimonio culturale, grazie anche a tecniche di archiviazione digitale, è divenuto nel recente passato un obiettivo globale e al tempo stesso una sfida: l’UNESCO, fra le maggiori autorità del settore, pone sempre maggiore attenzione sulle tematiche della documentazione digitale al fine di garantirne la trasmissione alle generazioni future (National Library of Australia 2003). Le nuove tecnologie afferenti alla geomatica e all’informatica offrono oggi notevoli potenzialità applicative per la documentazione dei Beni Culturali, sia per quanto riguarda le fasi di acquisizione dei dati, sia per tutte le fasi di rappresentazione, diffusione e comunicazione multimediale (Böhler W., Hein G., Marbs A. 2001).

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Monitorare le vibrazioni delle opere d’arte durante il trasporto – Archeomatica

Le opere d’arte, quando trasportate, possono subire seri danni dovuti a sollecitazioni di temperatura, umidità e urti.

Per essere sicuri che le condizioni di conservazione siano state adeguate durante tutto il viaggio, Testo ha sviluppato il data logger USB testo 184-G1 che è in grado di registrare, anche per mesi, i principali parametri temperatura, umidità e vibrazioni subite dall’oggetto d’arte.

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Archeomatica 3/2018 – Tecnologie per la documentazione, conservazione, restauro, tutela, disseminazione e fruizione del Patrimonio Archeologico Sommerso – Archeomatica

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In estinzione e in attesa di riconoscimento da diciotto anni: l’odissea dei restauratori, professione a rischio

“Restauratori in estinzione”: così titolava, lo scorso 30 marzo, un articolo a firma di Monica Pieraccini uscito sull’edizione fiorentina de La Nazione. La giornalista riportava come prima della crisi, nella sola Firenze, si contassero almeno quattrocento restauratori, oggi ridottisi a un centinaio, dacché molti di loro hanno cambiato professione (oppure sono finiti nella morsa della disoccupazione) a causa della mancanza di lavoro, dovuta per lo più al fatto che quello del restauro è un settore nel quale non s’investe. E i risultati di questa politica sono evidenti: al di là di alcuni restauri “spot”, della cui utilità spesso ci s’interroga, poco si fa, e a soffrirne è soprattutto il piccolo patrimonio diffuso sul territorio, che spesso necessita d’interventi di privati per far fronte anche a situazioni d’emergenza.

Per esempio, è notizia di oggi il salvataggio, da parte di dieci giovani restauratori diplomati all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, uno dei maggiori istituti italiani del restauro, di duecentosessanta opere sottratte dai siti colpiti dal sisma del Centro Italia del 2016 e ricoverate presso il deposito di Santo Chiodo di Spoleto: un intervento che è stato possibile grazie a un contributo di centotrentamila euro stanziato da un ente privato, la Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze. E la differenza tra gli interventi post-terremoto del 1997 in Umbria e nelle Marche e quelli attuali è stata anche ben riassunta da Vittorio Emiliani in un suo recente articolo su Emergenza Cultura. Sono del resto i numeri che certificano come il Ministero dei Beni Culturali, negl’ultimi anni, abbia dimostrato un certo disinteresse nei confronti del patrimonio minore. E tutto questo è paradossale, se si pensa che il patrimonio artistico e il restauro vengono utilizzati “come vetrina e per le campagne elettorali”, come precisava, nel summenzionato articolo, Marco Benati del sindacato Fillea Cgil di Firenze.

Molti restauratori devono dunque misurarsi col precariato dei contratti di collaborazione o a tempo determinato, oppure con la libera professione, barcamenandosi tra consulenze esterne e incarichi a termine, spesso sporadici, dal momento che tutto il settore è in difficoltà. Alla crisi degl’investimenti occorre poi aggiungere la spinosa questione del riconoscimento della professione, un problema che il ministero, negl’ultimi tempi, non ha mai dimostrato di voler risolvere. Eppure, non si tratta di un nodo di poco conto, dal momento che il ministero stesso, attraverso due decreti (il 294 del 2000 e il 420 del 2001) ha individuato i requisiti dei soggetti che, in Italia, possono essere riconosciuti come restauratori di beni culturali, dimostrando dunque che i restauratori, nell’economia complessiva della tutela dei beni culturali, svolgono un ruolo d’importanza critica. Si tratta poi di requisiti che sono stati confermati con l’articolo 182 del Codice dei beni culturali (il decreto legislativo 42 del 2004), ovvero la legge fondamentale del settore dei beni culturali in Italia, ed estesi successivamente.

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Bartolomeo Cavarozzi, un caravaggesco elegante tra Genova e la Spagna in mostra a Palazzo Spinola

Recensione della mostra ‘Bartolomeo Cavarozzi a Genova, Galleria Nazionale di Palazzo Spinola, dal 6 dicembre 2017 all’8 aprile 2018.

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Palazzo Malvezzi de’ Medici. Una storia da rivivere

Articolo e video sul restauro di palazzo Malvezzi de’ Medici.

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Portale – Sabato 24 e domenica 25 marzo tornano le Giornate FAI di Primavera

Numerosi i luoghi da scoprire nell’area metropolitana

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Il Genio della Donna. Artiste in Europa dal Rinascimento all’Età dei Lumi

A palazzo Malvezzi conferenze a cura di Vera Fortunati e Irene Graziani

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Organi Antichi, la storica rassegna di musica organistica compie 30 anni

Concerti gratuiti per valorizzare gli oltre 400 strumenti presenti nel territorio metropolitano

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