Alcune macchine agricole, patrimonio di un museo etnografico, sono state restaurate durante un laboratorio didattico che ha coinvolto gli organizzatori del museo stesso.
Gli interventi sono stati eseguiti su macchine collocate all’aperto.
L’esposizione a raggi solari ed intemperie, prolungatasi nel tempo, aveva conseguito un pessimo stato di conservazione di queste.
Incrostazioni di ossido, sporco e grasso erano presenti sulle superfici e negli ingranaggi; le parti in legno si erano degradate al punto da provocare rotture in alcuni punti, attacchi di insetti xilofagi e habitat preferito per altre specie: muffe e licheni erano individuabili su quasi tutte le superfici del carro.
aratro in ferro
La parte della collezione alloggiata all’interno del museo non presentava alcun tipo di problema, la manutenzione era curata ed attenta.
Gli interventi si sono svolti secondo un programma, sviluppato durante un’esperienza precedente, che prevedeva anche l’acquisizione di:
valutazione dell’importanza dei fattori ambientali (luce – temperatura – umidità);
raccolta e monitoraggio dei parametri ambientali (esercitazioni con termoigrometri);
elementi di diagnosi dello stato di conservazione dei singoli oggetti (principalmente in legno e/o metallo);
concetti di manutenzione, conservazione preventiva e curativa, restauro (evidenziazione di interventi passati scorretti);
progettazione dell’intervento necessario alla conservazione dei singoli oggetti;
approccio alla conservazione della raccolta nel suo insieme: problemi di organizzazione e programmazione degli interventi;
elaborazione e compilazione della scheda di conservazione (documentazione – diagnosi – progettazione – descrizione interventi).
Descrizione delle attività.
Ci sono state sessantasei giornate di presenza dei restauratori, nell’arco di quattordici mesi.
componenti di un calesse.
Il progetto iniziale é stato modificato in corso d’opera considerando le diverse condizioni espositive: all’aperto, con problematiche diverse da quelle solite:
-> si sono analizzati i percorsi dei venti e delle perturbazioni per predisporre adeguati ripari;
-> è stato dato spazio all’analisi delle patine e la loro importanza per la protezione dei manufatti, sia lignei che metallici;
-> sono stati eseguiti interventi anche massicci di restauro per rendere la capacità operativa alle macchine. Hanno coinvolto sia i meccanismi metallici, che la struttura lignea.
-> particolare attenzione è stata dedicata al consolidamento del legno, con resine acriliche
Oggetto degli interventi sono stati:
-> un aratro in ferro con vomere in acciaio, particolarmente ossidato con incrostazioni di terra, grasso rinsecchito ed ossido sulle parti mobili. Alcune rotture dovute ad un traino errato.
-> una pompa da cantina, con struttura in legno, la pompa in bronzo e gli ingranaggi in acciaio. La struttura lignea era malmessa, due piedi erano rotti; gli ingranaggi erano coperti da incrostazioni.
-> un carro in legno, a due ruote. Quasi interamente in legno, con alcuni inserti metallici in lega ferrosa.
-> una seminatrice tutta in metallo;
-> una seminatrice con cassetto portasemi con il coperchio in legno, molto degradato;
-> un aratro in legno con lama metallica;
-> un ventilatore in legno con meccanismo di ventilazione in lega ferrosa. In questo caso gli interventi di restauro sono stati completati dai soli allievi;
-> un calesse, in legno e leghe ferrose, gravemente danneggiato, é stato recuperato e rimesso in funzione.
Per ciascuna delle macchine é stato approntato uno specifico piano di manutenzione, gestito ed eseguito dai volontari presenti agli incontri.
Soggetti degli interventi
– aratro, in metallo; -foto-
– pompa travasatrice da cantina, in metallo su supporto ligneo; -foto-
– carro in legno in uso nelle colline, a due ruote (brôc); -foto-
– seminatrice in metallo; -foto-
– trinciaforaggi in metallo e legno. -foto-
Sono state affrontate le esigenze del recupero funzionale di metalli e legni. In particolare
pompa da cantina.
per i metalli:
– pulitura manuale, con abrasivi, lasciando intatte le patine colorate presenti sulle superfici, alternando con applicazioni di acido tannico;
– pulitura con sabbiatrice e polveri vegetali sulle parti che non presentavano tracce di colori;
– stabilizzazione dei processi di ossidazione con acido tannico al 5% in soluzione idroalcolica, ripetendo il trattamento finché non sono state eliminate le tracce di ossidazione;
– trattamento protettivo con cera amber al 5%, due applicazioni a caldo, rimuovendone gli eccessi con spazzole morbide.
per il legno:
– consolidamento delle parti deteriorate con imbibizione di paraloid B72S al 10-12% in acetone, fino a completo assorbimento, ripetendo successivamente fino a rifiuto;
– risanamento delle rotture con innesti lignei, in essenza analoga a quella in opera (prevalentemente castagno o quercia, ma anche faggio o acero), incollati con colla bianca tipo “one shot” opportunamente pressati.
– ricostruzione delle parti mancanti con essenze lignee analoghe a quelle in opera;
– pulitura con soluzione basica, ammonio bicarbonato al 3% in acqua demineralizzata, spugne, bisturi e raschietti;
– patinatura degli innesti con brugnolino color noce variamente diluito:
– trattamento protettivo con olio di lino, additivato di essiccativi: miscela sana della “Spring Color” e, successivamente, con cera amber.
Qui avevo introdotto l’analisi delle cause di degrado per marmi e pietra in genere.
Riprendo l’argomento ripetendo alcuni concetti espressi ed approfondendo.
Cause ambientali di degrado dei materiali lapidei.
Suddividiamo le tipologie di degrado in base alle sue cause:
– fisico
– chimico
– chimico-fisico
– biologico
l’arenaria viene degradata facilmente dall’inquinamento.
Degrado fisico:
– microtraumi durante la lavorazione;
– uso errato della pietra (cfr. decorazioni, interferenza con altri materiali, es. ferro);
-sforzi eccessivi a cui è stato sottoposto il materiale in opera;
-effetti del vento: asportazione di parti superficiali;
-effetti della luce: può innescare reazioni chimiche di ossidazione;
-effetti dell’aria o meglio dei suoi salti termici;
–Carbonatazione: Ca(OH)2 +CO2 → CaCO3 +H2O.
Variazioni termiche -> repentini variazioni di temperatura -> rocce cattive conduttrici di calore -> superficie calda, interno freddo -> tensioni meccaniche -> sgretolamento, scagliatura, esfoliazione, rigonfiamenti.
Acqua, effetti -> solubilizzazione.
Acqua, effetti -> infiltrazione -> dilavamento.
Acqua, effetti -> subflorescenza salina -> variazione del volume interno
– il solfato di sodio aumenta il suo volume fino al 300% – sgretolamento, scagliatura, esfoliazione, rigonfiamenti.
Acqua, effetti -> efflorescenza salina -> variazione del volume interno.
Le tipologia del degrado fisico.
– Disgregazione: polvere o minutissimi frammenti.
– Esfoliazione: porzioni laminari sottili: sfoglie.
– Scagliatura: parti di forma irregolare e spessore consistente e non uniforme: scaglie.
– Distacco: separazione di strati o di materiale diverso (intonaco) o all’interno dello stesso materiale (pietre: scagliatura, esfoliazione).
– Efflorescenza: formazione di sali, sulla superficie.
– Rigonfiamento: sollevamento localizzato.
– Fratturazione o fessurazione: separazione materiale che implica lo spostamento reciproco delle parti.
Azione della temperatura: variazioni di temperatura e sbalzi termici posso causare sollecitazioni meccaniche, quindi provocare contrazioni ed espansioni, diverse a seconda del diverso coefficiente di dilatazione, comportando variazioni dimensionali e volumetriche.
I fenomeni che possiamo riscontrare sono: sgretolamento, scagliatura,
esfoliazione, rigonfiamento.
Azione dell’acqua:
l’acqua, interagendo con il materiale lapideo caratterizzato da una struttura porosa, nei suoi tre stati (solida, liquida, gassosa) è comunemente considerata la causa principale del degrado fisico.
Può provocare fenomeni tipo: il dilavamento, lento processo di asportazione ed erosione del materiale; subfluorescenze ed effluorescenze saline, cristallizzazione dei sali solubili, alveolizzazione.
Degrado fisico-chimico.
Premessa.
Il gesso è portato a costituire legami con: ossido di ferro, carbone, oli minerali; è soggetto a dilavamento ed esfoliazione.
Azione fisica: alghe, muschi, licheni, piante.
Azione chimica: deiezioni animali, contatto con proteine e grassi.
formazione di gesso -> aumento volumetrico;
formazione di croste nere -> derivanti dalla combustione del petrolio e del carbone, gesso, composti bituminosi e ferrosi, quarzo e silicati, pollini e spore, idrocarburi pesanti che sono appiccicosi e neri.
Si presenta stratificata, per depositi successivi.
Shock termico:
assorbimento radiazioni solari -> parte superficiale pià calda di quella interna,
rugiada e condensa notturna -> parte superficiale più fredda di quella interna:
in entrambi i casi si creano tensioni interne.
Inoltre l’acqua condensata contiene tutte le sostanze inquinanti presenti nell’atmosfera, soprattutto acidi. Il tempo di contatto è molto lungo e man mano che l’acqua evapora la soluzione si concentra.
Tutti i materiali lapidei sono porosi, all’interno può essere presente H2O in tutti i suoi possibili stati di aggregazione.
Questa può penetrare nel corpo poroso per effetto capillare: i gruppi OH ̄ presenti nel materiale esercitano una forza attrattiva nei confronti dell’H2O (pressione capillare che aumunenta con il diminuire del diametro dei pori).
Se la temperatura della pietra scende fino al punto di congelamento dell’acqua, con formazione di ghiaccio, si verifica una variazione di volume, di conseguenza gli sforzi meccanici provocano microfratture.
i metalli si ossidano, le fibre lignee si deformano.
Simile alla formazione dei cristalli di ghiaccio è il processo di cristallizzazione dei sali solubili, quando si verificano condizioni di saturazione, la diminuzione di temperatura o l’evaporazione possono portare al formarsi di cristalli salini entro gli spazi porosi.
Il fenomeno può avvenire all’interno della struttura porosa, subfluorescenze, causando esfoliazioni e distacco di croste superficiali, e sulla superficie esterna, effluorescenze.
Alveolizzazione.
Può essere favorita o provocata dalla presenza di sali solubili, è caratterizzata dalla presenza di cavità (alveoli), anche molto profonde, distribuite con andamento irregolare sulla superficie del materiale lapideo (naturale e/o artificiale).
Questo fenomeno è spesso spinto fino alla disgregazione e dalla polverizzazione dell’elemento lapideo.
Si manifesta in materiali molto porosi, in presenza di un elevato numero di sali solubili, con condizioni microclimatiche di elevata frequenza di fenomeni di rapida evaporazione sulle superfici lapidee esposte alle intemperie.
È un fenomeno conseguente all’azione disgregatrice esercitata dalla pressione di cristallizzazione dei sali all’interno dei pori del materiale lapideo.
Le soluzioni saline, formatesi in seguito ad assorbimento di acqua, tendono, con l’evaporazione del solvente, a cristallizzarsi aumentando il volume; le pareti dei pori sono così sottoposte a pressioni superiori alla loro capacità di resistenza e si sfaldano.
Reazioni chimiche.
Biossido di zolfo o anidride solforosa, SO2, su mattoni e malte con presenza di alluminato tricalcico (CaO)3.Al.O3, origina solfoalluminato di calcio, 4CaO.3Al2O3.SO3 con aumento volumetrico, quindi dilatazione e disgregazione della malta.
ossidazione del ferro.
Acido nitrico, HNO3, su muratore di mattoni porta alla solubilizzazione del calcio originando nitrato di calcio.
Ca(NO3)2; anche questo composto ha un maggiore volume, e provoca il disgregamento dei mattoni.
Croste nere, si formano in aree esposte ad inquinamento atmosferico, ma non soggette ad intenso dilavamento da parte delle acque piovane.
Il cemento è costituito da gesso sotto forma di cristalli aghiformi, vengono inglobate particelle di natura eterogenea: ossidi di Fe, cristalli di quarzo, calcite, particolato atmosferico, particelle bituminose e carboniose.
Microscopicamente è osservabile una netta separazione tra lo strato “degradato” (solfato di Calcio) e la porzione di pietra sottostante non alterata.
Si formano con la solfatazione della calcite: 2 SO2 +O2 -> 2SO3 SO3 + H20 -> H2SO4
H2SO4 + CaCO3 + H2O -> CaSO4 . 2H20 + CO2
Fenomeni di degrado conseguenti le azioni chimiche.
– volume maggiore di circa il 20%
– coefficiente di espansione termico che è 5 volte superiore
– maggiore affinità per le polveri e sostanze grasse
– minore traspirabilità della pietra
con fenomeni fisici quali:
– tensioni, – rigonfiamenti,
– esfoliazioni,
– scagliature,
– decoesione,
– distacco,
– maggiore suscettibilità alla corrosione.
Aree o patine biancastre. Si formano in zone in cui, a causa del dilavamento della pioggia, i depositi di sporco vengono continuamente asportati in cui avremo presenza di calcite ricristallizzata, cioè zone di degrado localizzato o puntinatura.
Si rivelano microscopicamente come aree con deposito superficiale di CaCO3 in forma microcristallina e polverulenta di contorno irregolarmente frastagliato.
L’anidride carbonica, CO2, provoca la solubilizzazione della calcite.
La solubilità della calcite (marmo) aumenta con l’aumentare della percentuale di anidride carbonica disciolta in acqua:
CaCO3 (Carbonato di calcio, duro, insolubile) + CO2 + H2O -> Ca(HCO3)2 (bicarbonato di calcio solubile).
Il processo avviene anche al contrario. Il bicarbonato che si forma viene parzialmente asportato dalle piogge e in parte, essendo un sale instabile, riprecipita sottoforma di calcite per evaporazione dell’acqua, formando la patina.
Altre reazioni che avvengono e comportano alterazioni molecolari:
SO2 + O2 (anidride solforosa) -> SO3 + H2O -> H2SO4 (acido solforico)
H2SO4 + CaSO4 +H2O -> CaSO4 ּ solfat.Ca + 2 H2O + CO2
Nella fase iniziale si formano aree grigie, degrado superficiale o zona con contatto limitato, di aspetto e struttura intermedia tra le croste nere e le aree o patine bianche.
La pietra non presenta alterazioni macroscopiche.
Degrado microscopico meno evidente che nelle croste nere.
Tipologia tipica di zone sottoposte a moderato dilavamento.
Caratteristiche.
Spessore micrometri
CaCO3% sul peso
CaSO4 . NH2O % sul peso
Crosta nera
200-1000
0-8
55-85
Area grigia
100-200
13-52
25-55
Area bianca
< 100
64-86
0-6
Degrado, corrosione, ossidazione dei metalli.
Rame e bronzo:
L’inquinamento atmosferico, con l’aumento di anidride solforica ed anidride carbonica, SO2 e CO2 ed i relativi acidi che possono costituire, origina patine verdastre costituite dacarbonati basici e solfati basici di rame.
le superfici lignee si polverizzano e vengono dilavate.
Sono patine insolubili, in presenza di acido solforico, H2SO4, si forma solfato pentaidrato, CuSO4·5H2O, in polvere o cristalli, comunque solubile.
Ferro:
in presenza di acido solforico, il ferro si trasforma in solfato di ferro ed acqua, Fe + H2SO4 + O2 -> FeSO4 + H2O.
Il solfato di ferro con ossigeno ed acqua, sviluppa idrossido di ferro e solfato di ferro, FeSO4 + O2 + H2O -> FeO(OH) + H2SO4.
L’idrossido di ferro è solubile.
La corrosione è velocizzata dalla presenza di cloruri1, questi facilitano la formazione della condensa e si sciolgono in essa (conduttori di seconda specie); formano clorurati, nei bronzi, si formano clorurati di rame, Cu, molto solubili.
I processi di corrosione distruggono il materiale metallico, trasformandolo e rendendolo solubile.
I due tipi principali di corrosione sono, chimico, a secco in atmosfera ossidante ad alta temperatura, oppure elettrochimico, in ambiente marino.
Con l’aumento dell’inquinamento si ha formazione di solfato di rame, Cu, molto solubile che verrà dilavato dalle piogge (assottigliamento del metallo) ed una diminuzione dei solfati basici insolubili.
Altre tipologie di corrosione sono di origine batterica e da incrostazioni biologiche influenzano direttamente le reazioni anodiche e catodiche.
Inoltre agiscono sulle pellicole di protezione superficiali dei metalli, producendo sostanze corrosive e depositi solidi. Possono essere: forme microscopiche, (batteri) e macroscopiche (alghe e crostacei).
Nei metalli interrati possono essere corrosivi: fenomeni galvanici, composizione chimica, contenuto di ossigeno e pH del suolo, sono importanti la scelta della lega e le correnti vaganti.
le cromìe del legno si alterano in ambienti umidi.
Il suolo contiene acidi organici derivanti dall’humus, è relativamente corrosivo per l’acciaio, lo zinco, il piombo e il rame.
L’acidità totale di un terreno simile sembra essere l’indice migliore della sua corrosività, più del semplice pH.
Alte concentrazioni di cloruro di sodio e di solfato di sodio in un terreno insufficientemente drenato lo rendono altamente corrosivo.
Un terreno poco conduttore, con un basso contenuto di umidità, sali disciolti o entrambi, è in genere meno corrosivo rispetto a un terreno buon conduttore.
Tuttavia, la sola conducibilità non è indice sufficiente della corrosività; un altro fattore rilevante è la polarizzazione anodica o catodica del suolo.
1 – Lo ione cloruro (formula chimica Cl − ) è lo ione di cloro con numero di ossidazione −1, cioè un atomo di cloro carico negativamente con un elettrone. Esso si forma normalmente sciogliendo acido cloridrico in acqua. I sali che contengono uno ione di questo tipo vengono detti cloruri.
È l’ultima ruota idraulica bolognese, costruita in legno di castagno, rovere e conifera, ghisa, ferro ed acciaio:
– legno di castagno o rovere per i travi radiali, e due anelli, del diametro mt 2.80; di conifera per 24 pale, che hanno i supporti in essenza di castagno;
– ghisa per il mozzo e due supporti circolari su cui sono fissati con bulloni e viti sei raggi per ciascun anello;
– in acciaio sono quattro cerchioni che fasciano le circonferenze degli anelli in corrispondenza degli spigoli;
– ferro per piastre di raccordo e bloccaggio, bulloni e dadi.
La ruota idraulica si presentava ricoperta interamente da uno strato spesso vari millimetri di catrame, probabilmente applicato durante una delle manutenzioni che ha subito nel secolo scorso.
Sul toroide centrale si innestano ventiquattro pale: pannelli rettangolari formati da tavole di conifera, fissate su due supporti arcuati; ne mancavano, cadute in seguito a rottura dei supporti.
Qualcuna presentava un supporto rotto o deteriorato da infiltrazioni di acqua e conseguente attacco batterico.
Interventi di restauro eseguiti sulla ruota idraulica:
rimozione della patina superficiale di catrame, non coeva, e spessa vari millimetri; asportata meccanicamente con martellina da tappezziere e raschietti;
asportazione dei tronconi di supporto delle pale, rotti, togliendo con trapano e scalpello i cunei di bloccaggio;
sono state ricostruite le parti mancanti o particolarmente deteriorate degli anelli. Un intero arco (un sesto della circonferenza) é stato rifatto con legno di castagno. Interventi precedenti di risanamento, avevano integrato le lacune con tanti piccoli segmenti, pregiudicandone la tenuta. Sono state integrate altre lacune varie, sempre con castagno;
circa venti supporti per le pale sono stati ripristinati con essenza di castagno. Anche il tavolato di tre di esse, ha subito sostituzioni con legno di abete; esigenze tecniche hanno suggerito di eseguirne il montaggio con la ruota in posizione verticale.
per togliere bulloni e dadi, é stato necessario l’uso di oli disincrostanti, ed il loro riscaldamento; sfruttando la dilatazione termica per sbloccarli. Ciò nonostante qualche bullone non ha retto alla torsione spezzandosi. I bulloni inutilizzabili sono stati rimpiazzati con cavicchie di analoghe dimensioni; i dadi sono stati ricavati da piattina metallica, filettandone il foro.
trattamento consolidante mediante imbibizione a pennello di paraloid diluito 8-12% in butilacetato ed acetone, fino a completo assorbimento; ripetuto piú volte in giornate diverse.
pulitura delle parti metalliche con raschietti e martellina da tappezziere e spazzole, una volta asportatone il catrame;
stabilizzazione del processo di ossidazione con acido tannico al 5% in soluzione idroalcolica;
trattamento protettivo con “miscela sana” della Spring Color, olio di lino cotto, solubilizzato con alcol, aceto e limonene, additivato di sali minerali essicativi;
ulteriore protezione, data l’esposizione all’aperto del manufatto, con “impenetrabile” della “Spring Color”, composto di olio di lino, solventi vegetali ed essiccativi, come abbiamo visto cui é aggiunta una percentuale di cera.
La ruota idraulica dopo il restauro.
La ruota, unica superstite di un’epoca (età moderna) in cui Bologna disponeva del piú importante sistema di sfruttamento dell’energia idraulica a fini produttivi in Europa (verso la fine del Seicento piú di 350 ruote idrauliche fornivano energia a 119 mulini da seta, la piú alta concentrazione esistente in una città europea.
E ancora … le acque dei canali sostenevano numerose altre attività industriali, come la concia delle pelli, la lavorazione delle pergamene e della carta, ed i lavatoi per panni e biancherie.).
Esposta a Palazzo D’Accursio.
La ruota restaurata é stata presentata al Salone del Restauro di Ferrara inserita in un tema piú ampio, l’importanza storica, ed economica dei corsi d’acqua nella città di Bologna.
É stata esposta nel settembre scorso nel cortile di Palazzo D’Accursio. tutte le immagini
A volte le opere che dobbiamo restaurare sono carenti di alcune loro componenti, in particolare parte di intaglio, può essersi distaccata, caduta, perdendosi; viene richiesto di ricostruirla.
Per ricostruire parti intagliate, può non essere sufficiente il budget destinato dal committente a remunerare il tempo di lavoro necessario alla realizzazione del/gli intaglio/i mancante.
In questi casi, se non esistono vincoli contrattuali precedenti, si possono cercare soluzioni che soddisfino il cliente e permettano un buon risultato finale. È realizzabile con resine epossidiche del tipo finto legno.
Il calco per ricostruire l’intaglio.
Il primo passo consiste nel prendere un calco di uno degli intagli superstiti; possiamo farlo con gesso, pasta di pane, gomma siliconica. Dopo aver applicato una patina isolante, rimovibile, sulle superfici di cui si vuole prelevare la forma plastica.
Si riempie il calco ottenuto con resina epossidica, la migliore è l’araldit hv 427 con relativo indurente sv 427, e si lascia fermo finchè non è terminata la reazione di indurimento.
Si toglie dal calco, si stuccano eventuali bolle d’aria, si levigano le superfici. Il nostro intaglio è pronto per essere applicato e sottoposto alle lavorazioni successive per renderlo omogeneo esteticamente al resto dell’opera.
Un esempio di questa serie di interventi si può visualizzare qui.
Un altro esempio lo possiamo visualizzare in una serie di immagini postate tempo fa nel blog arte&cultura, che ripropongo:
La parte mancante ottenuta con resina del tipo finto legno.
questo è un intaglio angolare inserito in uno specchio, di cui si è smarrita la metà. Essendo rimaste gli altri tre inserti, si è riusciti a prendere un calco esatto di quanto mancava.
L’intaglio completo, inserito nella sua sede originaria.
Come si vede nelle immagini successive, ciò ha consentito di ricostruirlo con un buon risultato estetico.
Metodologia e materiale sono riproponibili con ottimi risultati anche in altri settori tutte le volte che occorra ricostruire esattamente delle parti mancanti e si dispone di parti campione.
Ovviamente varia il materiale che si utilizzerà per la ricostruzione: questi sono aspetti che affronteremo in seguito.
Dopo gli interventi di doratura e patinatura.
Questo è il primo articolo che ho recuperato dal blog dismesso; per motivi tecnici sono riuscito a salvare soltanto il database, e gradualmente ricostruirò quanto avevo scritto.
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